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Molte persone scendono a qualsiasi compromesso pur di evitare la più piccola possibilità di essere giudicati negativamente dagli altri. Evitano di dire alla gente quello che pensano. Non intervengono in classe o alle riunioni di lavoro. Evitano di parlare dei loro veri desideri persino con le persone più care. Non chiedono mai un aumento. Non chiedono mai a chi gli piace un appuntamento. La paura del giudizio degli altri è legata al desiderio di essere apprezzati da tutti in qualsiasi momento. Questo è però impossibile: si tratta di una partita persa dal principio, che impedisce alle persone di fare esperienze e di esprimere il loro vero io.
Ammettiamolo: gli esseri umani giudicano costantemente gli altri – buono/cattivo, mi piace/non mi piace, con molte sfumature nel mezzo. Quando arrivano nuove informazioni, la mente umana rivede la precedente valutazione: è un processo continuo. Al posto di evitare il problema tacendo le nostre opinioni o facendo gli straordinari per cercare di impedire che le persone della nostra vita ci giudichino, potremmo invece lavorare per accettare questo processo. Ecco quattro modi per combattere la paura del giudizio degli altri.
Niente è per sempre.
La verità è che il cervello umano ha una riserva dati limitata. La maggior parte dei giudizi che formuliamo non sono abbastanza significativi da guadagnarsi un posto nella nostra memoria per l’eternità. Quindi, quando qualcuno esprime un giudizio su di noi, è probabile che, dopo qualche giorno o anche solo dopo qualche istante, quello stesso giudizio abbia già abbandonato la sua coscienza. Noi costruiamo la nostra comprensione delle persone nel tempo attraverso degli schemi, che sono basati non sui piccoli sbagli che commettono o sulle delusioni che ci riservano, ma su ciò queste persone dicono e fanno di importante, oltre che dal modo in cui ci fanno sentire e interagiscono con noi.
Il giudizio è inevitabile.
Smettiamola di avere paura del giudizio degli altri. In quest’epoca, è una fobia così comune, che è diventato normale chiedere agli altri di non giudicarci. Ma questo non ci aiuta: non possiamo controllare quello che gli altri pensano. Se anche non esprimono i loro giudizi a voce, il loro cervello continuerà formularli, perché questo è un processo fisiologico.
Cerchiamo invece di spiegare il contesto dei nostri sentimenti, così che le persone con cui decidiamo di aprirci ci capiscano e provino compassione. La compassione è la kryptonite del giudizio. Quando è presente, i giudizi pesano un po’ meno, perché gli altri si mettono nei nostri panni.
Lasciamo che giudichino!
Può essere liberante ammettere i giudizi all’interno di una relazione intima. Invece di evitare di aprirci o di essere vulnerabili, di tenerci dentro qualcosa di negativo ma importante per noi, facciamo quello che ci sentiamo di fare: apriamoci, liberiamoci, parliamone. Se ci accorgiamo che ci stiamo trattenendo a causa della paura del giudizio degli altri, chiediamoci: “Qual è il giudizio che temo possa arrivarmi, una volta che mi sono aperto?” e “Cosa ho paura che succeda, se gli altri esprimono un particolare giudizio su di me?”
Dopo aver identificato questa paura, cerchiamo di rassicurarci o di trovare un modo di gestirla nel caso in cui si manifesti. Ricordiamoci che le relazioni intime si fortificano, quando ci si mette in gioco rischiando il giudizio dell’altro. Se questo non succede, non significa necessariamente che siamo stati noi a fare qualcosa di male; potrebbe anche essere che la persona con cui stiamo cercando di connetterci più intimamente non è in grado di gestire una relazione emotiva di questo tipo.
Facciamo attenzione ai nostri giudizi.
Per smettere di avere paura del giudizio degli altri, non c’è modo migliore del giudicare meno. É impossibile non giudicare del tutto, ma possiamo fare attenzione al linguaggio che usiamo nella nostra testa con le persone e gli eventi della nostra vita.
Cambiamo il focus dei nostri giudizi: invece di “È uno stronzo” o “É un perdente”, chiediamoci qual è l’effetto che quella persona ha su di noi e perché lo vogliamo evitare o esserne consapevoli nel futuro. Ad esempio: “Non mantiene mai i suoi impegni con me,” oppure “Mi dice che ci prova, ma finisce sempre per deludermi.” Cerchiamo di evitare di usare gli stereotipi del buono e del cattivo con le persone della nostra vita e concentriamoci su quello che ci fa bene o ci fa male a livello emotivo.
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Stefano Tricoli
Specializzato in Psicoterapia Psicoanalitica, esperto nel trattamento di giovani adulti con disturbi di ansia, dell’umore e di personalità.